E’ la richiesta avanzata dal Consiglio nazionale dei commercialisti in una lettera, firmata dal presidente della categoria professionale Elbano de Nuccio, e inviata al Ministro e al Viceministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e Maurizio Leo. Vi sono rilevanti criticità nel DL 39/2024 che danneggiano i contribuenti in buona fede. L’auspicio dei commercialisti è che queste criticità “possano trovare un’adeguata soluzione in sede di conversione del Decreto Legge”.
Getta nuova luce sul DL 39/2024 la lettera inviata dal Consiglio nazionale dei commercialisti al Ministro e al Viceministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e Maurizio Leo. In essa compaiono aspetti che solo chi ha una profonda conoscenza dei contorti meccanismi fiscali e legali che reggono il Paese. Ecco i punti essenziali delle riserve espresse dal presidente della categoria professionale Elbano de Nuccio
Le criticità secondo i Commercialisti
La prima osservazione riguarda l’articolo 2. Esso inibisce l’applicazione della remissione in bonis relativamente alle comunicazioni da trasmettere all’Agenzia delle Entrate entro il prossimo 4 aprile per l’esercizio delle opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura. Inoltre l’articolo impedisce la mera sostituzione delle comunicazioni inviate dal primo al quattro aprile 2024. Appare di immediata evidenza, scrivono i commercialisti, che la disposizione è eccessivamente penalizzante in quanto crea le condizioni per cui molti contribuenti perdano le agevolazioni, di cui hanno pieno diritto, per errori commessi in buona fede (si pensi a un errore di un solo codice fiscale in un condominio di centinaia di persone)”.
La remissione in bonis
“L’istituto della remissione in bonis”, sottolinea il numero uno dei commercialisti, “è stato introdotto, ben dodici anni orsono, proprio per tutelare tali comportamenti in buona fede e impedirne l’uso solo alla casistica in oggetto non appare sacrificabile a esigenze informative di contabilità pubblica. E ciò è ancor più vero per le comunicazioni inviate dal primo al quattro aprile che non potranno essere sostituite utilizzando le procedure ordinariamente previste in caso di errori o di scarti in fase di trasmissione, il che costituisce, anche per gli iscritti che rappresento, una falcidia pericolosissima considerate le condizioni incerte e frenetiche in cui ci si trova ad operare”.
Spese e fatture
Altro rilievo riguarda l’articolo 1, comma 5. Esso prevede che per la maggior parte degli interventi con titolo edilizio presentato prima del 17 febbraio 2023 (data di entrata in vigore del D.L. 11/2023) ovvero per i quali tale titolo non sia necessario, l’ulteriore requisito del sostenimento delle spese, documentate da fattura, per lavori già effettuati. “Tale previsione – afferma Elbano de Nuccio – porta al paradosso che cittadini e imprese, anche per interventi già avviati, magari già ultimati, per i quali hanno fatto legittimo affidamento sulla possibilità di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura, non potranno accedere a tali opzioni in assenza di spese sostenute (cioè, pagate) e documentate da fattura alla data del 29 marzo 2024. E ulteriormente paradossale appare la situazione nella quale le fatture siano già state emesse a quest’ultima data, ma non siano state ancora pagate dai beneficiari delle detrazioni.
Clausole di salvaguardia
Anche in tale caso appare necessario salvaguardare coloro che gli interventi li hanno effettivamente iniziati o, addirittura, ultimati, e che, per effetto delle novità introdotte dal Decreto, in assenza di pagamenti effettuati per fatture emesse, si vedrebbero esclusi dalla possibilità di accedere alla cessione del credito o allo sconto in fattura con conseguenze pesantissime, anche in termini di contenziosi che potrebbero sorgere con le imprese che hanno eseguito le opere”.
L’auspicio dei commercialisti è che queste criticità “possano trovare un’adeguata soluzione in sede di conversione del Decreto Legge”.
EB
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