Ieri i contribuenti italiani hanno finito di lavorare per il fisco. Oggi 8 giugno è la Giornata di liberazione dalle Tasse, il Tax Freedom Day. Lo annuncia la sempre attiva CGIAA di Mestre (Venezia).
Grande festa oggi 8 giugno per i contribuenti italiani. Festa si fa per dire perché solo ieri è stata la giornata in cui i contribuenti hanno terminato di lavorare per il fisco. Questo nell’ipotesi in cui decidessero di anticipare al fisco i soldi che lo stesso ci chiede nel corso di questo 2023. Lo ha calcolato la sempre attiva CGIAA, l’associazione degli artigiani di Mestre. Insomma, lavoriamo per 158 giorni per il fisco, ovvero il 43,2% dell’anno. Per noi stessi ci restano 207 giornate, ossia il restante 56,8%. Ricordo che al Liceo il professore di storia ci raccontava che nel Medio Evo i servi della gleba lavoravano gratuitamente per il loro Signore solo per un terzo dell’anno. Se non lo facevano dovevano pagare delle imposte. Dopo 8-9 secoli di progresso e libertà non siamo riusciti a far di meglio rispetto al feudalesimo.
Tasse, il 2022 anno storico
Gli economisti della CGIAA affermano che l’anno scorso è stato un anno record per ill carico fiscale.. Dal 1995, la data del “giorno di liberazione fiscale” meno in là nel calendario si è verificata nel 2005. In quell’occasione, la pressione fiscale si attestò al 39 per cento e ai contribuenti italiani “bastò” raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per lasciarsi alle spalle l’impegno economico richiesto dal fisco. Quello più in “ritardo“, invece, si è registrato nel 2022, allorché la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e, di conseguenza, il “giorno di liberazione fiscale” è “scoccato” il 9 giugno.
Perché il picco di tasse nel 2022?
E’ corretto segnalare, informa la CGIAA, che il picco record di pressione fiscale toccato l’anno scorso non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto a famiglie e imprese, ma da una serie di altri fattori che si sono concentrati nel 2022. In particolar modo: dall’impennata del costo dei prodotti energetici importati e dal deciso aumento dell’inflazione che hanno spinto all’insù il gettito dell’Iva; dall’incremento dell’occupazione che ha contribuito ad aumentare le imposte dirette e i contributi previdenziali. Contemporaneamente – nel rispetto dei dettami europei relativi alla contabilità pubblica – le risorse per finanziare i bonus edilizi e i crediti di imposta, questi ultimi introdotti per mitigare il caro bollette, sono state classificate come maggiore spesa pubblica e non come minori entrate…
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