Considerazioni sul dibattito che si è aperto nel Paese con l’approvazione da parte del Parlamento europeo della Direttiva sulle prestazioni energetiche degli immobili, nota solo in Italia come Direttiva Case Green. Prima parte
“Sulle Case Green, l’Europa sta delirando”. Questo titolo di un articolo dai toni accesi, apparso venerdì scorso su ItaliaOggi, rispettato giornale economico-finanziario, mi ha spinto a scrivere queste riflessioni. Il mio intervento si concentra non tanto sulla Direttiva sulle Prestazioni energetiche degli Immobili, quanto sulle reazioni, a mio avviso, esagerate di una significativa parte dell’opinione politica e dell’informazione.
Dibattito sulla Case Green
Vorrei sottolineare anzitutto che è molto positivo discutere di un provvedimento che riguarda tutti noi. Finalmente, lo dico senza ironia, ci siamo resi conto di provvedimenti che hanno una storia di 22 anni alle spalle e di cui giornali, radio e tv non hanno mai parlato in precedenza. Infatti, il primo provvedimento europeo risale al 2002. Si trattava della Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia, recepita con il Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successivamente integrato con il Decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311.
Tante Direttive sulle prestazioni energetiche
Nel frattempo, molte Direttive sono state introdotte e hanno contribuito a migliorare le prestazioni energetiche degli immobili nel nostro paese. Ora siamo arrivati alla Direttiva approvata la settimana scorsa dal Parlamento europeo, conosciuta ma solo in Italia come Case Green. Più precisamente, si tratta della Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, o EPBD, acronimo del nome inglese Energy Performance of Buildings Directive.
I critici della Case Green
Molti protestano contro il salasso che si starebbe preparando per alleggerire il portafoglio, sempre più sottile, degli italiani. Altri lamentano l’unicità del patrimonio italiano che mal si adatterebbe ai lavori di efficientamento energetico. Altri ancora evidenziano che una buona parte del patrimonio immobiliare si trova in zona sismica e che quindi sarebbe inutile avere case a basso consumo energetico se si corre il rischio di rimanere sepolti, prima o poi, sotto le macerie. Su questo punto non hanno torto. Ma c’è anche un atteggiamento retrò di opposizione al progresso tecnologico e di ostilità alla fatica di comprendere fenomeni complessi. Per non parlare degli “esperti da bar” che ci deliziano con curiose opinioni sui cappotti e i contro cappotti, di fenomeni dilaganti di condensa, di truffe commesse. Pochi sembrano avere la volontà di studiare seriamente, il che è sempre faticoso.
Gli speculatori
C’è anche chi, per oscure ragioni di speculazione politica, sfrutta i comprensibili timori dei proprietari di casa, e lancia cifre a caso sui costi di efficientamento energetico e teme un ulteriore affossamento dei conti dello Stato dopo l’esperienza del Superbonus. Curiosamente dimenticano sempre che sui 114 miliardi di investimento costati finora, lo Stato ha incassato praticamente subito, secondo i dati Cresme, il 35% della spesa. E non è costato 160 miliardi come piace dire a qualche membro del Governo che qualche anno fa si stracciava le vesti per avere più soldi dallo Stato proprio in questo provvedimento.
Le curiose dimenticanze
I critici dimenticano che la Direttiva prevede che gli Stati membri diano in via prioritaria incentivi per aiutare le famiglie vulnerabili, le persone in povertà energetica e gli alloggi di edilizia popolare. Evitando, come successo con il Superbonus, che gli incentivi vadano a ricchi e a proprietari di castelli. Solo 7 per fortuna. Si tratta di milioni di immobili e di milioni di famiglie. I critici dimenticano che in tanti anni uno Stato disattento ha accumulato crediti pari a 1200 miliardi per tasse e tributi che non riesce a riscuotere e che ogni anno in questo Paese la black economy ‘fattura’ 100-110 miliardi.
Anche fondi europei per la Case Green
Curiosamente dimenticano che ci saranno anche fondi europei da destinare all’efficientamento degli immobili. Essi scordano anche che queste opere creano ricchezza reale nel paese, contribuiscono al PIL, all’occupazione, e sono un tonico per la ricca filiera delle costruzioni e per le industrie retrostanti. Per di più sono opere prevalentemente locali che coinvolgono centinaia di migliaia di aziende piccole e medie e di artigiani. (continua)
Ennio Braicovich