Virginio Trivella, coordinatore del comitato tecnico e scientifico di Rete Irene, e consigliere delegato Assimpredil Ance per l’efficienza energetica, contesta le affermazioni contenute nel video postato dalla presidente del Consiglio Meloni
La presidente del Consiglio Meloni ha postato ieri un video sulla sua pagina Facebook, sul Superbonus, sui suoi effetti sui conti dello Stato e sul decreto-legge che blocca le cessioni dei crediti e lo sconto in fattura da bonus edilizi. Nel video afferma: “Il costo totale del Superbonus è attualmente di 105 miliardi di euro, 2000 euro di debito per ogni italiano”. Ora il tentativo del Governo è di “sanare la situazione che è diventata fuori controllo, con esiti imprevedibili e molto pesanti”.
Non condivide questo ragionamento Virgilio Trivella, acuto osservatore del mondo dell’edilizia, coordinatore del comitato tecnico e scientifico di Rete Irene, e consigliere delegato Assimpredil Ance per l’efficienza energetica e membro del Comitato di Presidenza del CTI, Comitato Termotecnico Italiano (CTI). Trivella posta su Linkedin un intervento molto articolato, che qui di seguito riprendiamo.
Sui veri costi del Superbonus può essere utile anche leggere lo studio della Federazione Nazionale dei Commercialisti, Superbonus, per ogni euro speso lo Stato ricava 43cent
Una risposta al ragionamento di Meloni
L’arte della politica, ovvero: come cucire una serie di mezze verità per confezionare una falsità plausibile. Non sto a ripetere le parole del Presidente del CdM Meloni. Le potete ascoltare direttamente.
Replico che:
La misura del 110% non era intesa a regalare un sovrappiù rispetto ai costi, ma a compensare l’onere dell’attualizzazione finanziaria di benefici fiscali che si realizzano in 4-5 anni. Il ripristino del conflitto d’interesse tra domanda e offerta si è già ripristinato quando, in seguito alle restrizioni alla circolazione dei crediti, i cessionari hanno iniziato ad applicare commissioni superiori al 10%. Oggi esse si aggirano intorno al 20% e il superbonus 110% è un effettivo incentivo al 90%.
Il costo del Superbonus
Dire che il costo del superbonus è stato di 105 miliardi, pari a 2 mila euro per ogni italiano, è falso per una serie di motivi che dovrebbero essere ben noti al Ministro dell’Economia che ha ispirato questa frase di grande effetto. 110 miliardi (e non 105) è il valore dell’intero insieme di incentivi per l’edilizia consuntivati negli anni 2020-2022. A questa stregua si potrebbe affermare che la sanità (dal 1945 a oggi) costa 200 mila euro per ogni italiano.
Dove vanno gli incentivi
Quasi metà dei 110 miliardi riguardano incentivi diversi dal superbonus. Il 17% è bonus facciate che non esiste più. Il 27% è bonus ristrutturazioni ed ecobonus ordinari che non hanno nulla a che fare con le critiche di Meloni.
I 110 miliardi non sono costi, ma incentivi che stimolano attività economiche tassate che generano nuove entrate fiscali. Vari studi citati spesso anche da esponenti della maggioranza stimano che le maggiori imposte generate dal superbonus siano intorno alla metà del valore degli incentivi. Il costo netto del superbonus sarebbe quindi di circa 30 miliardi in tre anni, pari a 160 euro all’anno per italiano.
Questo costo netto però è compensato da una serie di benefici non fiscali che sarebbe utile indagare e quantificare.
Décalage delle aliquote
Il problema del volume eccessivo di spese fiscali a carico dello Stato era già avviato a soluzione con il ripido décalage al 70% e al 65% previsto per gli anni 2024-2025. L’attuale Governo ha voluto anticipare al 2023 la riduzione al 90% che, al netto dell’attualizzazione, equivale a un incentivo effettivo del 70%. Questo livello assicura di per sé un drastico ridimensionamento dell’appetibilità dell’incentivo e uno sgonfiamento del fenomeno bonus.
I crediti incagliati
I problemi dei crediti incagliati e dei lavori bloccati sono una diretta conseguenza dei gravi ostacoli posti alla loro circolazione, sempre motivati dall’esigenza di contrastare le frodi. Le limitazioni esplicite e il clima di paura generato dalle dichiarazioni del Governo Draghi hanno ristretto eccessivamente la platea dei cessionari e causato le speculazioni.
Le frodi
Le frodi sono state causate da un difetto nella formulazione della legge ma anche dal ritardo con cui essa è stata corretta. L’esistenza di frodi rilevanti era già nota nella primavera del 2021, ma il Governo di allora intervenne solo alla fine dello stesso anno. Le frodi sono state un problema gravissimo, ma l’introduzione della tracciabilità a novembre 2021 (inspiegabilmente posticipata a maggio 2022) ha rimosso l’esigenza di limitare la circolazione dei crediti. Nonostante ciò, il ripristino delle condizioni che consentono di ampliare la platea dei cessionari si è verificato (forse) solo pochi giorni fa.
Conclusione
Giustificare il provvedimento che abolisce la cessione dei crediti con l’esigenza di riportare sotto controllo la spesa pubblica e liberare i crediti incagliati è un ragionamento fallace.
Non giungo a dire che sia anche intenzionale ma sicuramente – se non corretto rapidamente – causerà gravi danni alla fiducia nell’affidabilità delle misure di incentivazione e renderà molto più complicato raggiungere obiettivi di autonomia energetica e di transizione ecologica.
In merito al DL che blocca la cessione dei crediti fiscali e lo sconto in fattura abbiamo pubblicato in precedenza
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