Un progetto di legge del Governo, attualmente all’esame della Camera, se trasformato in legge, promette di incidere anche sulla normativa cui sono soggette le porte antincendio interne. Le riflessioni dell’ing. Gianrico Delfino di Acmi, esperto di chiusure antincendio: “Bene sveltire le pratiche amministrative ma sempre nel rispetto delle prove di laboratorio e dei conseguenti attestati”.
Verso la semplificazione delle procedure per l’immissione sul mercato delle porte tagliafuoco interne? Lo si spera. Ma non è solo una vacua speranza ma una ragionevole possibilità se andrà in porto un disegno di legge depositato in Parlamento dal Governo. Prima firmataria, la premier Meloni seguita da sei ministri. Ne abbiamo dato qui.
Semplificare l’amministrazione
Il titolo del progetto di legge dice tutto: “Delega per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e misure in materia farmaceutica e sanitaria e di autorizzazioni di polizia”. Secondo la proposta di legge, il Governo entro il 31 agosto 2024 dovrà adottare un decreto che semplifica i procedimenti autorizzativi per l’immissione sul mercato dei prodotti antincendio “esclusi dall’ambito della marcatura CE, favorendo l’autocertificazione e l’asseverazione delle caratteristiche tecniche di sicurezza”. Qui scarichi il disegno di legge.
E le porte antincendio?
Leggendo il progetto di legge il primo pensiero è andato al settore delle porte tagliafuoco interne che per anni ha atteso inutilmente la marcatura CE. In merito al disegno di legge abbiamo chiesto una riflessione all’ ing. Gianrico Delfino, esperto di serramenti e coordinatore sezione Antincendio di ACMI, associazione nazionale chiusure tecniche. L’esperto così risponde:
Personalmente vedo favorevolmente l’eliminazione della necessità di omologazione ministeriale delle porte antincendio in quanto si elimina un passaggio documentale e si sveltisce quindi la messa in commercio dei prodotti. L’importante è che comunque sia obbligatorio accompagnare la certificazione dei requisiti rilasciata dal fabbricante della porta con il certificato del laboratorio che confermi quanto sostenuto dal fabbricante stesso.
Il certificato del laboratorio sarà o un certificato di prova o un certificato di applicazione estesa. Il laboratorio dovrà avere le caratteristiche già menzionate nel DM 21 giugno 2004, cioè laboratorio italiano autorizzato ai sensi del decreto del Ministero dell’interno 26 marzo 1985, ovvero altro laboratorio, riconosciuto in uno dei Paesi dell’Unione europea o dei Paesi contraenti l’accordo SEE (Islanda, Norvegia e Liechtenstein).
EB