L’Ecobonus è godibile ugualmente anche se il contribuente non ha trasmesso entro i 90 giorni di prassi la pratica Enea per i lavori di riqualificazione energetica. Lo afferma una sentenza della Corte di Giustizia tributaria di Reggio Emilia.
Non inviare la pratica Enea per la comunicazione dei dati dei lavori di efficientamento energetica non comporta la perdita del diritto di godere dell’agevolazione dell’Ecobonus. È questo, in sintesi, il succo della sentenza n. 46 emessa lo scorso 6 febbraio addirittura dalla Corte di Giustizia tributaria di Reggio Emilia. Un organo che dipende, pensate un po’, dal Ministero dell’Economia e finanze. Ne ha dato conto il giornale ItaliaOggi di sabato 2 marzo.
La pratica Enea
In effetti non esiste una pratica Enea. Esiste solo la comunicazione dei dati dell’intervento di riqualificazione energetica che dà diritto all’agevolazione dell’Ecobonus. Per semplicità, e per amore italico della burocrazia, la comunicazione la chiamiamo tutti pratica Enea.
Omessa comunicazione
Nel caso specifico un contribuente aveva omesso di presentare all’Enea la comunicazione dei dati dell’intervento di efficientamento energetico entro i 90 giorni di prassi (vedi sito Enea). Tuttavia, aveva iniziato comunque a porre in detrazione la relativa aliquota. Secondo l’Agenzia delle entrate si trattava di un utilizzo illegittimo dell’Ecobonus in quanto l’articolo 4 comma 1bis del DM 19 febbraio 2007 del Ministero dell’Economia e Finanze impone la comunicazione all’Enea entro 90 giorni dalla fine dei lavori. Il risultato è una cartella di pagamento di oltre 10mila euro inviata al contribuente. Il quale ha fatto ricorso non ritenendo l’obbligo dei 90 giorni “non decadenziale”
Il problema giuridico di fondo
A oggi il cosiddetto Ecobonus è regolato dall’articolo 14 del DL 63/2013. Il giudice della Corte di Giustizia tributaria di Reggio Emilia ha rilevato che non esiste una norma che preveda sanzioni nel caso di carente comunicazione all’Enea. Il riferimento è alla cosiddetta gerarchia delle leggi per cui “la legislazione primaria non prevede alcun obbligo del genere”. Di contro “la legislazione secondaria lo prevede ma non ne sanziona l’inadempimento con la decadenza”. Nonostante la Cassazione si sia espressa in casi simili a favore dell’Agenzia delle entrate, il giudice ha ritenuto di non poter condividere questo orientamento annullando di conseguenza l’atto impositivo. In conclusione, questa vicenda ci pare solo un ennesimo episodio di confusione legislativa che speriamo presto il legislatore chiarisca. La certezza del diritto svanisce ulteriormente. Nel frattempo i distratti e i pigri si sentiranno più a loro agio.
Ennio Braicovich